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I liberi professionisti truffati

I liberi professionisti truffati

In Italia lo sport preferito è l’arte dell’arrangiarsi, favorita dallo Stato che, con provvedimenti legislativi vergognosi, rompe le gambe ai tecnici liberi professionisti.
Al di la di ogni considerazione sulle tasse, balzelli e quanto altro simile, c’è da segnalare la violazione della concorrenza relativamente all’esercizio delle libere professioni di architetto ed ingegnere in Italia.

Attualmente la libera professione in Italia viene svolta sia dai dipendenti pubblici, laddove autorizzati, che dai liberi professionisti propriamente detti. Questi ultimi ricavano il loro reddito esclusivamente dal lavoro che svolgono in proprio e autonomamente.

L’art. 98, comma 1 della Costituzione Italiana recita “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”. Tale articolo non prevede deroghe, per cui non si capisce come mai gli stessi vengano largamente autorizzati a svolgere anche la professione o lavori in proprio, autonomamente.

Infatti in Italia la normativa prevede che gli ingegneri e gli architetti dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni quali scuole, università ed Enti Locali possano svolgere anche lavoro in proprio, per cui si viene a creare una concorrenza sleale nelle professioni tecniche.

L’abolizione dei minimi tariffari, ma soprattutto le problematiche di bilancio degli Enti Locali legate al Piano di Stabilità, hanno di fatto creato uno squilibrio del quale si narra di seguito.

Il dipendente pubblico ogni fine mese riceve lo stipendio dall’Amministrazione per la quale lavora. Ciò gli consente di vivere. Per incrementare la qualità della propria vita e della famiglia ha la possibilità di lavorare anche in proprio. In questo caso, cioè quando lavora in proprio per i clienti privati, per le proprie prestazioni può applicare tariffe notevolmente più basse rispetto ai liberi professionisti, attendere anche molto tempo per la riscossione del credito, creando di fatto una distorsione del mercato e concorrenza sleale nei confronti di chi non è un pubblico impiegato e vive solo ed esclusivamente grazie alle proprie parcelle professionali. Inoltre, potendo contare su uno stipendio fisso erogato dalla Pubblica Amministrazione può effettuare investimenti per l’acquisto di beni strumentali o di immobili da adibire ad abitazione o studio professionale, confidando anche su finanziamenti bancari. Attualmente gli istituti bancari sono molto restii a concedere mutui o prestiti ai liberi professionisti i quali non hanno certezze nell’incassare le proprie parcelle professionali. A ciò si aggiunge l’enorme difficoltà ad esigere i propri compensi maturati sia nei confronti delle Pubbliche Amministrazione per gli sforamenti delle stesse al Patto di Stabilità che dai privati per il vergognoso sistema giudiziario italiano che impedisce la rapida riscossione dei crediti maturati.

La precarietà del reddito del libero professionista non consente nemmeno una costante ed adeguata formazione professionale, necessaria per l’evoluzione della tecnica e per le novità legislative introdotte. Tra l’altro ogni anno il legislatore italiano provvede a introdurre novità sulla materia inerente le professioni tecniche. Basti pensare che l’attuale legislazione relativa ai lavori pubblici (D. Lgs. 12/04/2006 n. 163 c.d. codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), alla data attuale è stato modificato ben 56 volte!

La violazione della concorrenza, inoltre, non consente una completa iniziativa economica privata e libera (art. 41 della Costituzione), crea disparità tra cittadini consentendo di fatto ad una categoria di lavorare, investire, creare ricchezza sia personale che in generale e ad un’altra è impedito di fatto il raggiungimento dello stesso scopo perché mutilata in partenza dalle normative vigenti.

Inoltre, l’art. 3 della Costituzione, comma 2, recita che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’uguaglianza dei cittadini, che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale.

Se da un lato il dettato costituzionale incoraggia lo svolgimento autonomo del lavoro e quindi anche quello degli architetti ed ingegneri liberi professionisti, dall’altro vi è una normativa che aggira diversi articoli della Costituzione Italiana che favorisce solo ed esclusivamente i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni che vengono autorizzati a lavorare anche in proprio.

Fino ad oggi la discussione sull’art. 98 della Costituzione ha riguardato i rapporti della Pubblica Amministrazione con il proprio dipendente che svolge anche la libera professione; l’indipendenza dello stesso nei confronti del potere politico; la possibilità di arricchire la conoscenza degli studenti che hanno un docente che svolge anche la libera professione. Quest ultimo punto in Italia non è mai stato verificato con dati alla mano, vero è che le facoltà di ingegneria e architettura italiane non primeggiano nelle graduatorie internazionali che riguardano la formazione universitaria. Alcuni docenti universitari sembrano essere più propensi a sfruttare la qualifica di professore universitario per procurarsi lavori come liberi professionisti che di dedicarsi all’insegnamento o alla ricerca.

L’eventuale ripristino dei minimi tariffari di certo non eliminerebbe i problemi sopra evidenziati.
E l’antitrust che fa? Dorme….! Un organismo dove lavora gente incapace, assunta grazie al politicante di turno certamente non muove un dito, seppure abbia ricevuto più di una segnalazione…

A noi liberi professionisti non resta che sperare in un miracolo!

Fabiano Roma

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