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Ruderi da ricostruire

Ruderi da ricostruire

Più difficile ricostruire ruderi, se mancano segni concreti della preesistenza: lo sottolinea la Cassazione penale, con sentenza n.40342 del 30 settembre 2014. La questione si è posta all’indomani dell’ entrata in vigore del “decreto del fare” (69/2013).
L’articolo 30, modificando l’articolo 3 del Tu edilizia 380/2001, colloca le ricostruzioni tra gli interventi di

ristrutturazione edilizia, sottraendoli alla più complessa ristrutturazione urbanistica.
La norma del 2013 richiede, per ricostruire, una generica possibilità di accertare la preesistente consistenza: basterebbero, quindi, generici rilievi desunti da quelli depositati presso uffici pubblici (catasto) o addirittura le fotografie da album personali, per poter dimostrare una preesistenza e quindi ripristinare superfici e volumi. Ciò ha reso di colpo appetibili tutte le aree con ruderi, spesso testimonianze di manufatti un tempo particolarmente consistenti.

L’unico limite starebbe nei vincoli ambientali paesaggistici, ma per le zone non vincolante, un rudere poteva diventare l’inizio di una ritrovata edificabilità.

Ora la Cassazione adotta un’interpretazione restrittiva, esigendo la presenza dei connotati essenziali di un edificio (pareti, solai e tetto), in modo che possa essere determinata la volumetria, ovvero che essa possa essere oggettivamente desunta da apposita documentazione storica o attraverso una verifica dimensionale sul luogo.

In precedenza, si richiedeva che il rudere consentisse l’individuazione dei connotati essenziali di un edificio, senza che fosse necessario dimostrarne l’abitazione: è stata così ritenuta sufficiente un’immagine desunta da Google maps (Tar Catanzaro 443/2014), oppure la riconoscibilità dell’originaria area attraverso residui e segmenti consistenti del muro perimetrale (Consiglio di Stato 73/2014). Non bastano quindi «poche pietre in un declivio erboso» (Tribunale di Trento 306/2013), e nemmeno può recuperarsi ciò che era stato demolito cinquant’anni prima (Consiglio giustizia amministrativa 1200/2010).

Non ci sono invece problemi se sono crollati il tetto e uno o più solari: la ricostruzione in questi casi deve rispettare la sagoma dell’edificio preesistente. Sagoma che tuttavia può contenere una maggiore superficie rispetto a quella del passato.

Guglielmo Saporito

Da “Il Sole 24 ore” dell’11/10/2014

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